La merenda sinòira è uno dei miti della convivialità estiva di Langa e Roero. A certificarne la tipicità è la stessa autorevolissima enciclopedia TRECCANI: <<Tradizione gastronomica piemontese consistente in un pasto pomeridiano che, per l’abbondanza dei cibi (di solito freddi: pane, grissini, formaggi, salumi, verdure, frittate, salse, ecc.) e la lunga durata, può sostituire la cena.>> Definizione che, calata sulle colline del vino e del tartufo, si connota di qualificanti determinazioni in relazione all’originaria natura contadina di pausa rifocillante nel duro, caldo e lungo pomeriggio di lavoro estivo. Di qui i caratteri di robustezza, praticità e freschezza che ne contraddistinguono i contenuti e i modi, codificati dalla civiltà di osteria nella suggestiva ambientazione della tòpia.

Dunque, piatti pronti e freschi di cantina, di crutìn (preferibilmente) o di frigorifero. Immancabili i salumi, il bagnèt verd con acciughe, un’insalata accompagnata da frittata di cipolle, la giardiniera arricchita con uova sode, la tuma, le pesche nel vino rosso o nello zabajone freddi di frigo, le paste di meliga intinte nel moscato o nella favorita vinificata dolce e tenuti in un grilèt nel frigo. Ma centrale e anima stessa della merenda sinòira è senz’altro il carpione che Luciano Degiacomi, fondatore del nostro Ordine, vuole sempre fuori dal frigo. Alla versione classica con “medaglioni” di pollo o vitello impanati, uova e zucchine, si abbinano interessanti varianti locali. Nel Roero delle rocche ecco le tinche “gobbe e dorate” delle peschiere di Ceresole. Nella Langa ecco la tuma degli alti pascoli. E, appena più in là, Da Bardon a San Marzano Oliveto, ecco la sorpresa del bollito. E tutti a magnificare e tenere segreta la ricetta del proprio personale carpione. Tutti a dichiararsi pronti a una sfida che meriterebbe un campionato.

Come detto, nell’immaginario gastronomico albese, la merenda sinòira agogna l’ombra della tòpia, la pergola un tempo rigorosamente di viti (perlopiù lignanga o uva fragola), oggi anche di glicini e di gelsomini. Uno dei simboli della civiltà di osteria in quanto garantisce la presenza di gente che sa dare il giusto valore al tempo, all’ospitalità, alla convivialità. Sotto a tutte le tòpie il rito della merenda sinòira onora con personalità il carpione e la tradizione.

Perfetta nella sua essenzialità e classicità langhetta, la tòpia di Filippo e Silvia ad Albaretto della Torre profuma di uva, di gelsomini e di stupendi sapori. Un passaggio obbligato per chi voglia incontrare lo spirito delle Langhe. Là sotto, la merenda sinòira di Filippo trova sublimazione: ecco l’identitaria carne cruda di fassone, ecco ancora una frittata, ecco i pomodori ripieni di bagnèt verd, ecco una bottiglia inaspettata, ecco un racconto, ecco le pesche ripiene con coulis di lamponi.

Di grande bellezza è la tòpia di glicini che a Bra ingioiella il “Ristorante Battaglino dal 1919”. Amorevolmente guidata da Alessia, la laboriosa tòpia risulta elemento centrale di uno stile di accoglienza moderno e attraente, fedele allo spirito conviviale costruito da una eletta dinastia di osti e diventato leggenda. Qui, tra salsiccia di Bra, frittate di erbette, peperoni in agrodolce e acciughe col bagnèt verd, la merenda sinòira si sente a casa e trova calda e coinvolgente espressione.

La tòpia del “Giardino-Da Felicìn” di Monforte profuma di internazionalità e rispecchia perfettamente lo stile del locale, mito dell’accoglienza di Langa con i 28 anni stellati incastonati nella irrinunciabile fierezza identitaria. Per Nino la tòpia è sinonimo di amicizia e di convivialità. Sapere che quella tòpia ha favorito il colloquiare di Cesare Pavese, Primo Levi e Gabriel Garcia Marquez, aggiunge sapori culturali alle proposte da merenda sinòira di Nino: trota marinata con verdure e zenzero fresco, zucchine scottate con la bagna del  bun’om, pasta con acciughe e scorza di limone.

Sa di goliardiche combriccole da merende sinòire e di barbaresco la tòpia che all’Unione di Treiso ha allevato il sogno visionario di Carlìn Petrini. Con sobrietà langhetta è una semplice mattonella in ceramica a ricordarlo: <<In questa osteria, nei primi anni ottanta del secolo scorso, un gruppo di amici ideava e pensava la nascita del movimento Slow Food.>> Con lo stesso stile identitario Fabio e Rezi approntano la merenda sinòira, colorandola di verde, quello del bagnèt verd con lingua, uovo sodo, acciughe, pomodoro, tomini freschi. O quello degli spinaci per gustose frittatine. Friciule con lardo e subric di patate completano le proposte a corredo della classicità.

All’Antica Torre di Barbaresco la leggiadra tòpia di gelsomini richiama il gusto della convivialità che Cinto (Giacinto Albarello) e Teresa avevano creato con tajarìn e pesci di fiume fritti o in carpione in una casetta in riva al Tanaro. Valori e sapori che Maurizio coltiva con moderna applicazione, elevando la tòpia a emblema dell’accoglienza e la cucina a griffe dei tajarìn di Langa. La squisitezza che impronta l’ospitalità si ritrova in ogni proposta da merenda sinòira, dalle frittate ai peperoni con salsa di tonno, dalle acciughe con bagnèt verd a quegli involtini di prosciutto e alla gallina in gelatina pressoché scomparsi dai menù e meritevoli di attenzione.

Significativamente, anche le tòpie d’autore (firmate da Paolo Pejrone) e stellate dell’Antica Corona Reale di Cervere e di All’Enoteca di Canale amano il carpione. Per Gian Piero Vivalda nella forma dell'”Uovo biologico”, mentre per Davide Palluda nelle  “Frutta e verdure marinate”, 18 elementi diversi per lavorazione, condimento e consistenze, poi uniti dalla marinatura.

del Maestro Luciano Bertello